“Ave Regina del Cielo”: una nuova strategia didattica in tempo di epidemia

La pubblicazione del video dell’inno “Ave Regina del Cielo” composto da Mons. Marco Frisina per il Giubileo Lauretano indetto in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Loreto patrona degli aeronauti, ha suscitato molta curiosità tra i contatti del Vox Phoenicis. Sicuramente l’impatto del video,la musica e il testo composto da un autore molto conosciuto, ha fatto sì che in poco tempo si sia sviluppata un’attenzione che non pensavamo.

Eppure, nel caso specifico, non avevo alcuna intenzione di fare un video acchiappa “mi piace” per imitare, copiare ciò che in questo periodo va tanto di moda tra cori ed ensemble.

Questo tempo così particolare e straordinario dove tutti noi stiamo facendo la prova non facile dell’isolamento, obbligato dalla normativa vigente e dal buon senso a causa del grave pericolo di contagio, sta comportando una inevitabile trasformazione radicale delle nostre abitudini, dei nostri tempi. Si lavora e si sta a casa volens nolens e tutte le attività più o meno extra lavorative hanno subito interruzioni improvvise. Ormai proseguono solo le occupazioni essenziali ed è giusto così.

C’è un inevitabile arresto anche nella programmazione delle attività sportive e artistiche siano esse agonistiche, professionali, amatoriali: dopo i primi giorni dove tutti hanno cercato di fare qualcosa facendo attività per mantenersi in forma, ora è subentrata una generalizzata paralisi: in attesa di…

Quella che poteva essere una iniziale preoccupazione (“chissà come li ritroverò vocalmente quando riprenderemo”), perché si pensava a torto ad una pausa poco più che bisettimanale quando invece poi la condizione si prospetta lunga, è diventata una questione importante da risolvere: cosa fare per tenere in esercizio persone che cantano per diletto oltre a come mantenere vivo lo spirito di comunità.

Dirigendo cori composti da non professionisti non è così strano che pause più o meno lunghe nell’attività comportino la perdita per questi del tono muscolare: si lavora con l’apparato respiratorio e tutta la muscolatura connessa. Parlare non è cantare.

L’intuizione è stata quella di individuare un brano musicale non conosciuto dai cantori, da apprendere ex novo, non complesso, ma che avesse adeguata lunghezza: non una composizione breve, bensì strofica e con tessitura vocale media. Avevo ed ho necessità di farli lavorare e controllare in qualche modo questa attività, quindi suscitare attenzione affinché si rendessero disponibili senza ovviare al solito rondò “chi me lo fa fare”, “che è sta roba”.

Dal 2010 circa il compositore Eric Whitacre ha lanciato il virtual choir, un grande esperimento collaborativo di coro virtuale online composto da persone che non si conoscono e il cui massimo comune divisore è il piacere di cantare alcuni suoi brani polifonici di successo (“Sleep”, “Lux aurumque”, …); è stato chiesto loro di registrarsi con la webcam mentre interpretavano a cappella le diverse parti vocali. Le centinaia di registrazioni audio-video sono poi confluite in un unico prodotto che ha messo insieme il canto a distanza di questo coro speciale.

A fine marzo ho registrato, quindi, l’accompagnamento organistico e dato indicazioni delle melodie per ogni sezione. Dopo un primo test positivo effettuato con pochi cantori utile a comprendere la procedura migliore da utilizzare, ho proposto a tutto il coro di registrarsi unicamente in voce utilizzando ognuno il proprio smartphone. Ogni cantore ha avuto il suo tempo per studiare la partitura, registrarsi e comprendere se il risultato ottenuto fosse di qualità. Avevo necessità di suscitare l’attenzione di ciascuno a valutare se ciò che aveva cantato potesse essere preciso a livello ritmico e di intonazione: l’obiettivo era e rimane per ognuno di loro quello di imparare ad ascoltarsi, non più in gruppo, bensì come singoli. Prima della mia valutazione sul lavoro sottoposto c’è stato il loro giudizio e per me questo vale più di ogni altra cosa. Una settimana di attività che è servita sicuramente a rimettere in funzione la struttura mentale “coro” ed indicare un nuovo modo di fare didattica in questo periodo storico.

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Pubblicato da Carlo Paniccià

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